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Books Buddies

RECENSIONE THE PERIPHERAL

a cura di Fabio

«Because people who couldn't imagine themselves capable of evil were at a major disadvantage in dealing with people who didn't need to imagine, because they already were.»


Buongiorno Books Buddies, oggi parliamo nuovamente di serie tv con la recensione di The Peripheral, nato dalle menti geniali che ci hanno regalato Westworld e ispirato ai romanzi di William Gibson.


Monti Blue Ridge, 2032. Flynne Fisher lavora in un negozio di stampa 3D e vive con la madre malata e il fratello maggiore ed ex militare Burton. Su richiesta del fratello, Flynne gli subentra come beta tester in un videogioco per un'azienda colombiana misteriosa. Non appena entrata nella realtà virtuale, la ragazza nota che il mondo di gioco assomiglia stranamente a Londra, ma più vuota e più futuristica. La seconda notte di test, Flynne è testimone di un omicidio e un rapimento. Incerta se questo sia reale o virtuale, la ragazza dovrà fare i conti con nemici molto più potenti di quanto immagini e un futuro decisamente spaventoso.


Se conoscete Westworld, sapete in parte cosa aspettarvi da questa serie. Tanta confusione, tanta tecnologia, ma purtroppo pochi colpi di scena, se non molto prevedibili. La realtà in cui viene trasportata Flynne è confusionaria, complicata e macchinosa. Solo verso le fine si cominciano a capirne le logiche, ma forse è gia troppo tardi.


Ciò che salva la serie? Sicuramente una magistrale Chloe Moretz, che già avevo apprezzato ne La Quinta Onda.


Come altri aspetti positivi troviamo sicuramente il world building, gli effetti speciali e la colonna sonora. Anche se questo non basta a farci emozionare e stare incollati alla sedia come succedeva con westworld.


Sperando in una seconda stagione più avvincente, consigliamo come la visione della serie, a meno che Prime non ci giochi qualche scherzetto come Netflix con 1899 (si devo ancora mandare giù questo boccone amaro).

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